Chi siamo?
Sono una monaca di un monastero domenicano italiano. Nella nostra comunità è nata da poco un’esperienza che il Signore aveva messo nel mio cuore sin dai tempi del mio noviziato (2002-2004). Mi ha sempre molto impressionato come il Santo Padre Domenico si sia lasciato interpellare dai bisogni, dalle domande, dalle inquietudini, dalla sete del suo tempo: a un certo punto della sua vita, egli sentì che Dio lo chiamava a calmare questa sete dei suoi fratelli attraverso nuove scelte e nuove strade. Attraverso la sua predicazione.
All’inizio della mia vita religiosa, il grido dell’umanità, avvertito nel silenzio della preghiera e attraverso le grate del monastero, ha come scosso la “tranquillità” e la “pace” del mio cuore. Avvertivo con forza che gli uomini e le donne del nostro tempo sperimentano divisioni, separazioni, solitudine e individualismo, eppure hanno una sempre più profonda fame di comunione e di amore. In questa apparente contraddizione tra ciò che vivono e ciò che sognano, è celata una supplica inespressa, una drammatica richiesta di aiuto nascosta nel cuore della gente. E noi domenicane, sull’esempio del Santo Padre Domenico, siamo chiamate ad ascoltare questo grido e a cercare di colmare il vuoto presente nel cuore dei nostri fratelli e delle nostre sorelle attraverso quella Parola che ha riempito di speranza e di gioia la nostra vita. La vita comune in monastero – lo sappiamo bene - è la nostra prima risposta.
Nella Chiesa ci sono gruppi e associazioni che riuniscono tra loro persone che vivono la stessa vocazione o che hanno la stessa età: gruppi di religiosi, di famiglie, di laici consacrati, e poi gruppi di giovani, di adulti, di anziani... Ma, forse, oggi il mondo ha bisogno di vedere nei cristiani una testimonianza più forte di comunione e di unità. In un mondo che vive solitudine e individualismo, ho iniziato a sentire nel cuore che Cristo Risorto ci proponeva un cammino alla pari tra persone diverse per vocazione, vita, esperienze, culture, provenienza, età: tutti, infatti, abbiamo in comune il battesimo e, con esso, l’unica chiamata alla santità. Questo non significa che dobbiamo essere “tutti uguali”: anzi, è importante essere se stessi, vivere con fedeltà la propria specifica vocazione, rispettare e valorizzare le differenze, poiché abbiamo doni diversi che, però, sono una ricchezza per tutti e non certo motivo di divisione. Così come dice San Paolo: “Portate i pesi gli uni degli altri”.
La comunità ha scelto di farmi studiare la “teologia a distanza”, a Roma. E il Signore si è servito di questo per farmi incontrare coloro che avrebbero iniziato con noi questa avventura di comunione. Con questi amici di studio, abbiamo avvertito che la teologia ci stava arricchendo molto e stava rafforzando la nostra fede e che un giorno sarebbe stato bello donare agli altri ciò che avevamo ricevuto in dono: molti, infatti, vorrebbero approfondire la propria fede, ma non possono farlo nelle Università pontificie o nelle Facoltà teologiche per motivi di tempo, denaro, lavoro. Oltretutto, l’esperienza del parlatorio, sin dai primi tempi della mia vita in monastero, mi aveva fatto toccare con mano questa sete di conoscenza delle persone e l’importanza di una certa formazione teologica.
Nel 2010, il gruppo ha iniziato a incontrarsi periodicamente in monastero. Dopo circa un anno, abbiamo pensato di prenderci alcuni mesi di tempo per pregare e chiedere luce al Signore: sapevamo bene, infatti, che ciò che è Suo va avanti comunque, nonostante ogni ostacolo. Se, invece, l’iniziativa fosse stata solo “nostra”, sarebbe finita presto.
Questo periodo di “silenzio” e preghiera, apparentemente sterile, è stato invece forse molto più fecondo, agli occhi di Dio, di quanto potesse sembrare a noi. Egli si serve delle nostre sconfitte per operare le Sue meraviglie! E dopo questi mesi di silenzio e preghiera, proprio nella novena di Pentecoste, il Signore ci ha donato nuove luci. Ed è nato lo statuto del gruppo, con i punti fondamentali dell’esperienza. E con loro siamo ripartiti, insieme, mettendo il nostro gruppo-comunità nelle mani di Maria Santissima, custode dell’unità dei discepoli, nel Cenacolo, e Madre della Chiesa.
Ci siamo dati un nome, ponendo il gruppo sotto la protezione di Santa Caterina da Siena, che visse (e morì!) per l’unità, che amò profondamente la Chiesa e che sentiamo come madre e maestra. La nostra, infatti, vuole essere una esperienza di Chiesa: nella Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa! L’ “allegra brigata”, come sappiamo, è il nome del gruppo dei discepoli di S. Caterina: erano laici, religiosi, sacerdoti, popolani, gente colta, persone di ogni estrazione sociale, cultura e provenienza che condividevano la stessa passione della Santa per la Chiesa e l’unità. E noi, oggi, ci sentiamo proprio come loro: siamo persone (uomini e donne) con vocazioni, età, culture, professioni diverse, uniti dal battesimo nell’unica chiamata alla santità.
Non si può testimoniare ciò che non si conosce, non si ama e non si vive. Perciò, per la nostra “allegra brigata” diventa essenziale vivere la comunione (che rende presente il Risorto tra noi), condividere la Parola e l’Eucaristia (attraverso di esse il Risorto si comunica a noi e ci rende uno), conoscere Lui per via esperienziale (nell’amore e nell’unità) e per via intellettiva (attraverso lo studio e la formazione reciproca). I nostri incontri periodici (a cadenza bimestrale) vogliono essere un momento di “paradiso”. E ci piace vivere questi momenti di festa anche attraverso i canti e la musica, per esprimere con tutti noi stessi la nostra lode al Signore e la gioia di stare insieme in Lui. Da ogni incontro ripartiamo verso le nostre diverse vite, dove siamo chiamati a testimoniare ciò che insieme abbiamo vissuto.
Ma ciò che più di ogni altra cosa ci unisce, oltre tempo e spazio, è la preghiera. Non a caso la nostra “allegra brigata” è nata in un monastero domenicano. Mi sembra che, in fin dei conti, si tratti proprio di una sorta di “trasposizione” della nostra vita contemplativa domenicana nel mondo: è come un dare a tutti la possibilità di vivere la meravigliosa esperienza dei primi cristiani che condividevano il Pane, la Parola e stavano insieme nella gioia, lodando il Signore e facendosi testimoni della sua Resurrezione.
Sr. Mirella Caterina Soro OP
Monastero domenicane di S. Maria della Neve e San Domenico
Pratovecchio - Italia
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